Dalla prima guerra mondiale al conflitto terminato nel 1996, il popolo bosniaco ha vissuto l'apertura e la chiusura di un secolo atroce per la violazione dei diritti umani.
Più di 20 anni dalla fine della guerra in Bosnia ed Erzegovina, Adis Smajic, 34 anni, convive ancora con le conseguenze del conflitto. Adis ha perso parte del braccio destro e l'occhio sinistro all'età di 13 anni nell'esplosione di una mina antiuomo e, dopo aver subito dozzine di operazioni, ancora lotta con la sindrome dell'arto fantasma e deve periodicamente sostituire la protesi oculare. "Le mie protesi servono solo agli altri, a quelli che mi guardano, ma non a me", dice Adis. "A volte sento di non avere la pazienza per nulla, nemmeno per mio figlio Alen. I nervi del mio occhio, il braccio che ho perso, è troppo strano, non so cosa stia succedendo. Il problema è nella mia testa, è come se il mio braccio fantasma ci fosse. Sento il bisogno di stringere il pugno con la mano che non ho, di afferrare qualcosa, questo è il genere di stimoli che sento più spesso, ma non posso assecondarli.” Sarajevo ha i contorni sbiaditi di una città senza tempo e nella sua periferia, vicino a quella che era la prima linea, vive la famiglia di Adis. Una città spettrale sotto molti aspetti, con i segni lasciati dal conflitto ancora impressi nella pelle e nell'anima dei suoi abitanti. Lo sguardo si perde tra le montagne che incorniciano la valle, oltre una coltre di nebbia che delinea un’immagine fiabesca pronta a dissolversi riportando tutti alla realtà. Dalla disoccupazione giovanile che supera la soglia del 40%, ai nazionalismi che si nutrono della propria stessa retorica, fino alle persone scomparse che continuano a riaffiorare dalla terra. Le ferite della guerra a volte mettono le persone a disagio: per molti non è facile guardare chi è stato mutilato dalla violenza, per alcuni rappresentano il ricordo di un conflitto che preferirebbero dimenticare. Il braccio e l’occhio di Adis sono spariti, eppure ancora presenti come un'immagine latente - come fantasmi che rappresentano anche una metafora dell'identità della Bosnia.
Il sito di un'enorme fossa comune (5.000 mq di larghezza e 10 metri di profondità) rinvenuto a Tomasica, uno dei più grandi dalla guerra degli anni '90. Sono stati ritrovati 435 corpi nascosti e sepolti più di 20 anni fa dalle forze serbo-bosniache a seguito della pulizia etnica operata contro i non serbi nella vicina città di Prijedor. Le squadre forensi hanno ritrovato dei proiettili nella fossa, che indicherebbero che alcune vittime sono state uccise sul posto. Tomasica, Repubblica Srpska, Bosnia ed Erzegovina 2014. © Matteo Bastianelli
Un cadavere ricoperto di sale, per rallentarne la decomposizione, all'interno dell'obitorio del Krajina Identification project. La vittima è stata ritrovata insieme ad altri 434 corpi a Tomasica, una delle più grandi fosse comuni mai rinvenute in Bosnia. Sanski Most, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Alcuni ragazzi si esibiscono in uno spettacolo teatrale organizzato insieme a dei bambini sordomuti di una scuola. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Adis Smajić, 32 anni, mette delle gocce per gli occhi. Adis aveva solo 13 anni quando, a seguito di un incidente su una mina antiuomo, ha perso il braccio destro e l'occhio sinistro, subendo dozzine di operazioni negli anni successivi. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Un ciuccio vicino a un braccio prostetico sul tavolo del salotto di casa Smajic. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina 2014. © Matteo Bastianelli
Alen Smajić, 1 anno, ascolta la musica in TV mentre suo padre Adis balla davanti a lui. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Due ragazze passeggiano mentre alcuni uomini lavorano alla demolizione dell'ex Hotel Zagreb, un monumento nazionale della Bosnia ed Erzegovina. Durante la guerra, l'Hotel Zagreb fu colpito da granate, bruciato e poi completamente distrutto. L'edificio tornerà presto al suo stato originale. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Un membro del Krajina Identification Project cammina tra i cadaveri all'interno dell'obitorio. Le 435 vittime sono state ritrovate a Tomasica, una delle più grandi fosse comuni mai rinvenute in Bosnia. 270 degli scheletri sono risultati incompleti di arti o teschi. I corpi non hanno subito un’eccessiva decomposizione, data la natura dell'argilla presente nel terreno in cui sono stati nascosti e sepolti dai serbi bosniaci più di 20 anni fa. Sanski Most, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Circa 1.000 fotografie di persone scomparse nell'area di Prijedor appese al muro all'interno dell'obitorio del Krajina Identification Project. Qui, lo staff dell'ICMP conduce analisi sui resti umani e campionamenti di DNA, coordinando il processo di identificazione dei casi nella zona della Krajina, situata nel nord-ovest della Bosnia ed Erzegovina. Sanski Most, Bosnia ed Erzegovina 2014. © Matteo Bastianelli
Le impronte di Alen Smajić, 1 anno, sul finestrino dell’auto di suo padre. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Adis Smajić, 32 anni, ascolta l’invito alla preghiera dell’Imam nella sua macchina durante una serata di pioggia. Dalla nascita di suo figlio è diventato un musulmano osservante, prega 5 volte al giorno e non beve più alcolici. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Una modella durante una sfilata dedicata all’Attentato di Sarajevo, indossa un classico abito degli anni 1914-1918. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina 2014. © Matteo Bastianelli
Adis Smajić avvicina teneramente il ciuccio a suo figlio Alen. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Un uomo tocca uno dei camion che trasportano i corpi ritrovati nella fossa comune di Tomasica, il giorno prima del funerale collettivo per le 284 vittime identificate. Prijedor, Repubblica Srpska, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Una sedia tra i resti umani e gli oggetti personali nell’obitorio del Krajina Identification Project. I familiari delle vittime vengono per parlare con lo staff dell'ICMP e possono vedere per l'ultima volta i propri cari. Sanski Most, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
La madre di Naida nell'auto di suo genero Adis Smajić, in viaggio verso la struttura dove è ricoverata per disturbi psichiatrici. La figlia maggiore Naida ha iniziato a badare alle sue due sorelle più piccole, Edna e Zerina, quando la madre non è stata più in grado di prendersi cura di loro. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Una veduta delle montagne intorno a Fojnica. Fojnica, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Alcune persone in fila per ricevere del cibo presso la sede dell'organizzazione cattolica Sant'Antonio, nel distretto di Dobrinja. Secondo la Banca Mondiale, 1 persona su 5 in Bosnia vive al di sotto della soglia di povertà. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina 2014. © Matteo Bastianelli
Alcuni rom bosniaci nei pressi delle tende in cui vivono, ai piedi del Sarajevo City Center, centro commerciale costruito con un notevole investimento di capitali dell'arabo Sulejman Al-Shiddi, proprietario dell’omonimo gruppo di investimento che formalmente possiede l’immobile. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Alcuni membri dell’orchestra filarmonica di Sarajevo prima del concerto organizzato in occasione della riapertura del municipio Vijećnica dopo la sua ristrutturazione. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Un ragazzino cammina vicino alle fosse scavate per seppellire le 30 vittime del villaggio che sono state ritrovate in una fossa comune a Tomasica. Delle 435 vittime riesumate, sono stati identificati solo 284 corpi finora. Zecovi, Repubblica di Srpska, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Alcune persone nei pressi della fermata del tram davanti al Ponte Latino sul fiume Miljacka, dove nel 1914 furono uccisi l'erede al trono austro-ungarico Franz Ferdinand e sua moglie Sofia. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Adis Smajić, 32 anni, è intento a riparare un computer portatile a casa. È disoccupato come il 40% della popolazione e vive con una pensione di invalidità, ma cerca anche di guadagnare qualche soldo facendo piccole riparazioni di dispositivi elettronici. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina 2014. © Matteo Bastianelli
Due donne nei pressi di uno stadio, utilizzato per depositare le bare per il funerale collettivo celebrato per le 284 vittime della pulizia etnica operata dai Serbi Bosniaci a Prijedor. I corpi sono stati riesumati da un'enorme fossa comune scoperta a Tomasica 22 anni dopo che 435 persone vennero uccise e nascoste in quel sito. Kozarac, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
I familiari di una vittima depongono il feretro del proprio caro in una fossa. Nell'anniversario del massacro di Prijedor, 284 vittime ritrovate dopo 22 anni in una fossa comune a Tomasica, sono state restituite ai loro parenti. Zecovi, Repubblica Srpska, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
Alen Smajic, 3 anni, gioca con una pistola ad acqua vicino a una piscina. Velletri, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Alen Smajic, 3 anni, nell'area giochi della clinica Ocularistica Italiana, mentre suo padre Adis gli scatta una foto. Roma, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
La vecchia protesi oculare di Adis Smajic sul tavolo da lavoro nell’ambulatorio della clinica Ocularistica Italiana. Adis si è recato a Roma, su invito della clinica a scopi umanitari, per la fornitura gratuita di una nuova protesi oculare. Roma, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Alessandra Modugno, medico oculista specializzata in protesi oculari, visita Adis Smajic, 34 anni, nell’ambulatorio della clinica Ocularistica Italiana. Adis si è recato a Roma, su invito della clinica a scopi umanitari, per la fornitura gratuita di una nuova protesi oculare. Roma, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Il catalogo che illustra le possibili sfumature di colore dell'iride utilizzate dagli artigiani che realizzano le protesi oculari, presso la clinica Ocularistica Italiana. Roma, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Un tecnico di laboratorio impegnato nella realizzazione di una protesi oculare per Adis Smajic presso la clinica Ocularistica Italiana. Adis si è recato a Roma, su invito della clinica a scopi umanitari, per la fornitura gratuita di una nuova protesi oculare. Roma, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Naida Vreto Smajic impasta la pita, una specialità bosniaca tradizionale. Velletri, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Adis Smajic, 34 anni, viene visitato dall'oculista, che misura l'esatta posizione del suo iride per realizzare la protesi oculare definitiva. Roma, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Naida fa mangiare il figlio Alen di 3 anni seduto vicino alla piscina insieme al padre Adis. La famiglia Smajic si è recata a Roma per la sostituzione della vecchia protesi oculare di Adis. Velletri, Italia 2016. © Matteo Bastianelli
Adis Smajić, 32 anni, guarda la sua ombra sul fondo di una strada crollata. Adis aveva 13 anni quando è rimasto ferito in un incidente su una mina antiuomo. Da un anno è diventato padre e ora sta vivendo il periodo più bello della sua vita. Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, 2014. © Matteo Bastianelli
BOSNIAN DIARIES (2014-2016)
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